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Personaggi citati

I Giganti

Nembrot
Tifeo
Tizio

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Come delle torri di città fortificate, i giganti troneggiano intorno alla parete del profondo pozzo, posto al centro di Malebolge. Tutti, tranne Nembrot, di tradizione biblica, sono figure protagoniste di miti greci, pervenute a Dante da più fonti latine, fra cui, in massima parte, Lucano.


Il poeta evita, tuttavia, di sottolineare gli attributi mostruosi (i piedi di serpente, le cento braccia, ecc..) in modo da rappresentare i suoi giganti con un'identità comunque umana, nonostante le dimensioni enormi e la forza smisurata del loro corpo.
Nel Medioevo si credeva all'esistenza di questi uomini giganteschi, oltre che per l'autorità delle fonti antiche, anche per le testimonianze bibliche: " C'erano sulla terra i giganti a quei tempi - e anche dopo - quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dell'antichità, uomini famosi" (Genesi 6,4).
Nella mitologia classica, invece, i Giganti erano i figli mortali nati dalla Terra e dal sangue di Urano. Quando si sollevarono contro Zeus, vennero sterminati nella pianura di Flegra e sprofondati nel Tartaro.
Sia i giganti classici che il biblico Nembrot sono accomunati da una stessa pena, l'immobilità, per un identico peccato: il tentativo di ergersi al di sopra di tutti e conquistare la supremazia dei cieli.

Nembrot Inf.XXXI, 46
cit. Pg. XII, 34; Pd. XXVI, 126
Personaggio biblico, (in ebraico Nimrod), Nembrot era il capo della progenie di Cam e primo re di Babilonia. Nella Genesi è ricordato solo come grande cacciatore (Genesi 10,9), mentre l'interpretazione patristica ne fece poi il responsabile della costruzione della Torre di Babele, localizzata nella regione di Sennaar, dove appunto ebbe il suo regno.
Dante lo immagina dalle dimensioni smisurate, con un corno al collo, per rappresentarne il passato di esperto cacciatore, e con la faccia "lunga e grossa come la pina di san Pietro a Roma" (Inf.XXXI,58-59), riferendosi alla pigna bronzea, un tempo ornamento forse del Mausoleo di Adriano e poi posta davanti alla Basilica di San Pietro.
Il gigante pronuncia parole incomprensibili all'indirizzo dei due pellegrini, ricordo efficace della confusione di lingue in cui Dio, irato per l'empio desiderio di Nembrot, di ergersi fino a Lui, gettò i costruttori della Torre di Babele.

Tifeo Inf.XXXI, 124
cit. Pd.VIII, 70
Tifeo, o Tifone, era il più gigantesco fra i figli di Gea e di Tartaro: le sue mani toccavano l'Occidente e l'Oriente, la testa il cielo. Il suo corpo mostruoso era alato, con cento serpenti sul dorso.
Durante la sua tremenda lotta con Zeus vennero divelte intere montagne, finchè Tifeo morì sepolto sotto l'Etna, sotto una pioggia di folgori.

Tizio Inf.XXXI, 124
cit. Pd.VIII, 70
Il Gigante Tizio era figlio di Zeus e di Elara, nato nelle viscere della terra, dove la madre si era nascosta per sfuggire alle ire di Era gelosa.
In seguito venne fulminato da Zeus, per aver cercato di violentare Latona, su istigazione di Era.

vedi:

I GIGANTI Inf.XXXI, 7- 45
fra Cerchio 8 e Cerchio 9