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NINO VISCONTI ("giudice Nin gentil") Pg. VIII, 52
Antipurgatorio, balzo 2 - negligenti, valletta dei Principi

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Nino o Ugolino, figlio di Giovanni Visconti, fu "giudice", cioè signore, del giudicato di Gallura in Sardegna, ed associato, nel 1286, dal nonno materno Ugolino della Gherardesca (Inf.) al governo della città di Pisa.
Esiliato dalla città per due volte fra il 1288 ed il 1293, divenne l'ispiratore delle lotte che i comuni di Genova, Firenze e Lucca, sostennero contro Pisa.

Del clima torbido di quegli anni, fitto di odi e tradimenti, di cui furono protagonisti il conte Ugolino e l'arcivescovo Ruggieri (Inf.), ma in cui anche Nino ebbe non piccola parte, resta un'eco nei versi di Dante:

Inf. XXXIII,79-81
Ahi Pisa, vituperio de le genti
del bel paese là dove il sì suona,
poi che i vicini
(Lucca e Firenze in particolare) a te punir son lenti

Nino si trovò, così, spesso a Firenze, dove probabilmente nacque la sua amicizia con Dante, che aveva fra i 20 ed i 30 anni, mentre l'amico, di cui certo subì il fascino, era già un esponente di rilievo del partito guelfo. Il Visconti non si riconciliò mai con la sua città, nemmeno in punto di morte, tanto che volle che il suo cuore, dalla Sardegna, dove morì ancora giovane nel 1296, fosse trasportato a Lucca per essere sepolto in terra guelfa.
L'incontro fra Nino Visconti e Dante ripercorre lo schema degli incontri con gli altri amici di gioventù (Casella, Belacqua, etc.) ". L'incontro fra Nino Visconti e Dante evidenzia, infatti, tutti i tratti che si ritrovano negli incontri con gli amici degli anni giovanili a Firenze: il riconoscersi affettuoso

"Ver me si fece, e io ver lui mi fei" (Pg. VIII,52)
e la sollecitudine nel domandare l'uno la sorte dell'altro
"quanto mi piacque / quando ti vidi non esser tra ' rei!" (Pg. VIII, 53-54)
"Quant'è che tu venisti / a piè del monte per le lontane acque?" (Pg. VIII, 56-57).

Come altri personaggi, anche Nino lamenta di non avere più in terra chi lo ricordi e preghi per abbreviare la sua sosta in Purgatorio: per la vedova, Beatrice d'Este, passata a nuove nozze, ha parole durissime:

Pg. VIII, 76-78
Per lei assai di lieve si comprende
quanto in femmina foco d'amor dura
se l'occhio o 'l tatto spesso non l'accende.

ma chiede al poeta, come già Manfredi, di ricordarlo alla figlia Giovanna.

"Niente fa vedere in lui il potente sconfitto, esiliatosi in Sardegna. Nino nel poema dantesco è solo l'amico di Dante, e soprattutto il marito dimenticato dalla vedova risposatasi, il padre affettuoso d'una bambina: se c'è, come forse c'è, assunto politico, esso resta sullo sfondo." (U.Bosco, Commento, pag. 128)