Torna all'home page

 

CATONE (Uticense) ("veglio solo") Pg. I, 31
cit. "veglio onesto" Pg. II, 119; Inf. XIV, 15
Antipurgatorio, spiaggia, custode di tutto il Purgatorio

menu dei personaggi
menu principale


Marco Porcio Catone visse fra il 95 ed il 46 a.C. ed era pronipote di Catone il Censore, che rimase alla storia per la severità di costumi dimostrata quando, nel 184, ricoprì la carica di Censore, e per la sua convinzione della necessità di distruggere Cartagine ("Delenda Chartago").

In politica Catone difese sempre l'ideale repubblicano ed il potere del senato.
Fu, così, avverso a Silla e poi a Catilina. Nella maturità si oppose al primo triumvirato (Cesare, Crasso, Pompeo (Pd.)) schierandosi, ai primi accenni di guerra civile, dalla parte di Pompeo contro Cesare. Lucano (Inf.) racconta che dall'inizio della guerra Catone non tagliò più nè barba nè capelli, in segno di lutto per la sua patria. Dopo le sconfitte dei pompeiani a Farsalo (48 a.C.) ed a Tapso (46 a.C.) fu esiliato ad Utica, dove si uccise.

Nel Catone di Dante si fondono "i tratti dell'eroe romano a quelli più remoti del patriarca biblico" (E. Raimondi): il suo personaggio risulta, quindi, più una figura ideale che una figura storica dai contorni definiti, modello della perfezione morale raggiungibile con le sole virtù umane: "le quattro luci sante" (Pg. I, 37) che fanno risplendere il volto di Catone sono le virtù cardinali (Prudenza, Giustizia, Fortezza, Temperanza) che possono sussistere anche senza la grazia della rivelazione.

"Certo e manifesto esser dee, rimembrando la vita di costoro e de li altri divini cittadini, non sanza alcuna luce de la divina bontade, aggiunta sopra la loro buona natura, essere tante mirabili operazioni state". (Convivio IV v 17)

Le ragioni che spinsero Dante a porre come custode del Purgatorio un pagano, per di più suicida ed anticesariano, sono state al centro di una grande questione critica.
Non è, infatti, possibile ritenere che, quando il Giudizio Universale porrà fine all'esistenza del Purgatorio, Catone ritorni nel Limbo e non salga, invece, nel Paradiso.
Il Catone dantesco è, tuttavia, simbolo di libertà morale, di fermezza di carattere, di senso della giustizia e della responsabilità del singolo per il bene comune: tutto ciò fa impallidire il suo essere pagano.

Pg. I, 73-75
Tu 'l sai, chè non ti fu per lei (per la libertà) amara
in Utica la morte, ove lasciasti
la vesta
(il corpo) ch'al gran dì (il giorno del giudizio) sarà sì chiara.

Quanto poi al suicidio, Catone non si uccise per motivi personali ed egoistici, ma per dare un esempio di amore per la libertà: Dante nel salire la montagna del Purgatorio si accinge ad un processo di distacco dagli istinti e Catone ben può essere il punto di inizio di questo processo, avendo superato per amore della libertà, l'istinto più grande, quello di conservazione.
Nel Convivio Dante aveva scritto:

"Furono dunque filosofi molto antichi, de li quali primo e prencipe fu Zenone, che videro e credettero questo fine de la vita umana essere solamente la rigida onestade; cioè rigidamente, sanza respetto alcuno, la verità e la giustizia seguire... E costoro e la loro setta chiamati furono Stoici, e fu di loro quello glorioso Catone ...". (Cv IV vi 9)