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ROBERTO il GUISCARDO Pd. XVIII, 48
cit. Inf. XXVIII, 14
Cielo V - Marte - Spiriti combattenti per la fede

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Roberto d'Altavilla, detto "il Guiscardo", "l'astuto", nato in Normandia nel 1058, era figlio di Tancredi d'Altavilla, uno fra i primi Normanni a scendere in Italia.
I Normanni, infatti, il cui gruppo più importante fu appunto quello degli Altavilla, erano giunti in successive ondate nel Meridione d'Italia, inserendosi abilmente negli strati politici ed economici della società longobarda.

Guglielmo Braccio di Ferro, il primo dei figli di Tancredi, si era posto al servizio di Guaimario, principe di Salerno, ottenendone, in cambio dei suoi servigi militari, il ducato di Melfi.
Alla morte di Guglielmo crebbe d'importanza la figura del fratello Roberto, che tentò per proprio conto di unificare i domini bizantini, longobardi e normanni dell'Italia del Sud. Questo tentativo gli scatenò contro la coalizione di Greci e Pugliesi appoggiati da papa Leone IX, ma nella battaglia di Civitate del Fortore del 1053 le truppe della coalizione furono sconfitte ed il papa stesso fatto prigioniero.
Roberto liberò il papa, ma non prima che questi l'avesse riconosciuto come vassallo della Chiesa ed avesse così legittimato di fatto il dominio di tutti i territori conquistati: il riconoscimento legale, invece, venne nel 1059 con l'accordo di Melfi fra Roberto ed il nuovo papa Niccolò II.

Le ambizioni di Roberto il Guiscardo erano, tuttavia, più grandi: con una serie di campagne militari contro i Bizantini di Puglia "che sentio di colpi doglie / per contastare a Ruberto Guiscardo" (Dante, Divina Commedia, Inf. XXVIII, 13-14), riuscì infine a conquistare Bari nel 1071, mentre il fratello minore Ruggero si impadroniva della Sicilia.
La reazione bizantina non si fece attendere: l'imperatore Michele Comneno si alleò con Enrico IV di Germania che, invaso lo stato pontificio e catturato papa Gregorio VII, già minacciava i possedimenti normanni.
Roberto, impegnato sul fronte greco, tornò immediatamente in Italia e, riconquistata Roma, liberò il papa, ma permise che le sue truppe sottoponessero la città ad uno dei saccheggi più feroci della sua storia.
Ritornato in Grecia, mentre assediava Cefalonia nel 1085, Roberto il Guiscardo morì improvvisamente, lasciando al nipote Ruggero II, padre di Costanza e nonno di Federico II e Guglielmo II, il compito di unificare l'Italia meridionale nel Regnum Siciliae.

Come Dante possa collocare Roberto il Guiscardo fra gli Spiriti Combattenti per la fede resta poco chiaro se non si vogliano considerare i Bizantini, ribelli alla Chiesa di Roma, in qualche modo anch'essi infedeli.

La caratteristica che unisce tutti gli Spiriti Combattenti per la fede è il loro essere non solo uomini d'arme, ma di tale fama da costituire un ricco materiale per la poesia.
"L'elenco dantesco, che non dà rilievo alle imprese compiute dai singoli personaggi, e si limita ad evocarli ad uno ad uno, quasi in una specie di appello o rassegna militare, isolando ogni nome con la sua aureola leggendaria, è inteso soprattutto a sottolineare l'ideale continuità della loro opera di combattenti per la vera fede, dalla conquista e difesa della Terra Promessa alle lotte contro i Saraceni nella Spagna, nella Provenza, nell'Italia Meridionale, fino alle crociate" (N. Sapegno, Commento, pag. 223).