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Argomento del Canto XXXI

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Le parole di Virgilio che prima hanno rimproverato con asprezza Dante, poi lo hanno confortato, sono paragonate dal poeta alla lancia di Achille che con il primo colpo feriva e con il secondo aveva il potere di guarire.
In silenzio i due poeti lasciano la decima bolgia e scendono al nono cerchio.
Un suono di corno improvviso fa volgere lo sguardo di Dante che, credendo di scorgere delle torri, chiede a Virgilio che luogo sia quello. Virgilio spiega che non si tratta di torri ma dei giganti sterminati da Giove che, in piedi nel pozzo centrale, ne sporgono con il solo busto.

Avvicinandosi al pozzo in Dante "fuggiemi errore e crèscemi paura" (Inf. XXXI, 39).
Il primo gigante, Nembrot, rivolge ai due poeti parole incomprensibili: subito Virgilio lo rimprovera dicendogli di sfogare la sua rabbia con il corno, poi spiega a Dante che è impossibile comunicare con il gigante poichè il suo dire è incomprensibile agli uomini ed egli non comprende alcun linguaggio umano. Proseguendo il cammino i poeti scorgono il secondo gigante: è Fialte che tentò la scalata al cielo ed ora ha le braccia strette intorno al corpo da una catena.
Dante chiede di Briareo, noto per le sue smisurate dimensioni, ma Virgilio risponde che vedranno, invece, Anteo, perchè Briareo si trova più distante e mostra le stesse caratteristiche di Fialte, accentuandone solo la ferocia.
Giunti di fronte ad Anteo, che ha le braccia libere, Virgilio lo prega di deporli sul fondo del nono cerchio. Anteo si piega senza una parola e subito dopo torna alla primitiva immobilità.