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FARINATA degli UBERTI Inf. X, 31
cit. Inf. VI, 79
Cerchio 6, La città di Dite - Eretici

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Farinata è appellativo di Manente degli Uberti, di antica famiglia fiorentina di parte ghibellina, che Ciacco cita fra gli uomini degni del tempo passato (Inf. VI, 79), i Fiorentini "ch'a ben far puoser li 'ngegni".

Farinata visse a Firenze nei primi decenni del XIII secolo, mentre la città era tormentata da continue discordie.
Già nel 1239 era a capo della sua consorteria di parte ghibellina, e svolse una parte di primo piano nella cacciata dei guelfi nel 1248. Quando, in seguito alla morte di Federico II, i guelfi rientrarono in città, si riaccesero i contrasti, e questa volta furono i ghibellini ad essere costretti all'esilio.


Farinata si stabilì a Siena e, riconosciuto come il più autorevole capo di parte ghibellina, riorganizzò le forze della sua parte. Con l'appoggio degli armati di Manfredi (Pg.), figlio di Federico II, Farinata fu uno dei principali artefici della vittoria di Montaperti, il 4 settembre 1260 e, nello stesso tempo, riuscì a salvare Firenze dalla distruzione decretata dai ghibellini.

A Firenze Farinata morì nel 1264, due anni prima della battaglia di Benevento che segnò, insieme, il tramonto della potenza sveva in Italia ed il definitivo rientro dei guelfi a Firenze.
Gli Uberti furono nuovamente esiliati, ma la vendetta non risparmiò neppure i morti. Nel 1283 Farinata e sua moglie Adaleta furono accusati di eresia: le loro ossa, sepolte nella chiesa di S. Reparata, furono riesumate ed i loro beni furono confiscati agli eredi: l'impressione su Dante, appena diciottenne, dovette essere fortissima ed incancellabile anche a causa della grande personalità di Farinata.

Gli studiosi sono discordi nel valutare la fondatezza dell'accusa di eresia. Certo è che gli eretici contestavano la supremazia religiosa della chiesa di Roma, mentre i ghibellini ne contestavano l'ingerenza politica: la convergenza di finalità causò spesso una certa confusione, sicuramente alimentata dalla propaganda guelfa.

Inf. X, 49-51
"S'ei (i guelfi) fur cacciati, ei tornar d'ogne parte",
rispuos'io lui, "l'una e l'altra fiata;

(dopo la prima cacciata nel 1248 e nel 1267, dopo la battaglia di Benevento)
ma i vostri (i ghibellini) non appreser ben quell'arte".

Gli Uberti, infatti, furono sempre esclusi da qualsiasi amnistia: su loro si riversò, implacabile, tutto l'odio dei guelfi fiorentini.
L'osservazione di Dante sul bando della famiglia Uberti provoca l'oscuro annuncio dell'esilio che il poeta dovrà soffrire:

Inf. X, 79-81
Ma non cinquanta volte fia raccesa
la faccia della donna che qui regge
(la luna),
che tu saprai quanto quell'arte
(il ritorno in patria) pesa.

Nell'incontro con Farinata emergono soprattutto due temi, cari alla meditazione dantesca:
1. La disputa politica e la conseguente accusa di eresia
2. Il tema della famiglia: la pena per i propri discendenti esiliati, il dilemma se le colpe dei padri debbano ricadere sui figli. E' lo stesso dilemma di Dante nelle varie occasioni in cui avrebbe potuto far ritorno a Firenze e liberare così dall'esilio i suoi figli maschi.