Torna all'home page

 

Personaggi citati

Costantino
Inf. XIX, 115; Inf. XXVII, 94

menu dei personaggi citati
menu principale


Vissuto fra il 280 circa ed il 337 d.C., Costantino era figlio di Elena e Costanzo Cloro.
Alla morte del padre venne acclamato imperatore dall'esercito in Britannia, provocando la reazione di Massenzio, proclamato, nel frattempo, Augusto a Roma. Costantino lo sconfisse a Roma a Ponte Milvio e divenne padrone dell'occidente.

Nel 313, con l'editto di Milano, legalizzò il cristianesimo, ponendo così fine alle persecuzioni. Sconfitto Licinio, imperatore d'Oriente, divenne signore assoluto dell'impero e, ricostruita Bisanzio, con il nuovo nome di Costantinopoli, vi trasferì la sede imperiale e da lì avviò riforme militari, amministrative e monetarie. Favorevole ai cristiani, convocò il Concilio di Nicea, sostenendo strenuamente le posizioni della chiesa di Roma.

Una leggenda molto nota nel Medioevo narrava che l'imperatore, malato di lebbra, mandò a chiamare papa Silvestro I, che si nascondeva per le persecuzioni e, subito dopo aver ricevuto il battesimo guarì dalla malattia. L'imperatore si convertì alla fede cristiana e fece dono al pontefice della città di Roma, spostando la sede del potere imperiale in Oriente e dando, così, avvio al potere temporale della Chiesa ed alla sua inevitabile corruzione.
Nel XV secolo l'umanista Lorenzo Valla dimostrò la falsità del documento della "donazione di Costantino", ma già nel Trecento era sorto più di un dubbio sulla sua attendibilità, che Dante ignora ripetutamente sia nella Commedia sia nel "De Monarchia".
Il poeta concede a Costantino la buona intenzione del suo atto ("vivace terra, da la piuma (Costantino), offerta / forse con intenzion sana e benigna" Pg. XXXII, 137-138), ma ne sottolinea vivamente gli effetti disastrosi sia per la Chiesa sia per la confusione fra i due poteri massimi poteri, quello spirituale e quello temporale:

Pg. XVI, 108-109
L'un (l'autorità papale) l'altro (l'autorità imperiale) ha spento (ha usurpato); ed è giunta la spada
col pasturale (il potere temporale ed il potere spirituale), e l'un con l'altro insieme
per viva forza mal convien che vada.

Se i due poteri, spirituale e politico, tanto diversi, sono riuniti a forza nelle mani di un solo individuo non può, secondo Dante, risultarne che male, mancando il freno ed il controllo reciproco fra le due parti.

vedi:

COSTANTINO Pd. XX, 55
Cielo VI - Giove - Spiriti Giusti, Occhio dell'aquila imperiale, ciglio